TRICOLORE ULTIMO ATTO
(17 marzo 1861 – nasce il Regno d’Italia)
FLAGS DISAPPEAR SOON
(March 17, 1861 – proclamation of the Kingdom of Italy)
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Ho sempre messo una bandierina italiana sulle mie Vespe che mi portano a spasso per il mondo. Niente di invasivo o sciovinistico, lungi da me. Il mio è più un segno di riconoscimento, un richiamo sventolante alle mie origini lontane migliaia di chilometri.
Non lo farei mai in Italia. L’equilibrio con la mia “italianità” lo trovo sulle lunghe distanze, quando i contorni e i miei contrasti interiori sono meno definiti e meno esasperati… e ciò che rimane è un senso generale, un sentimento che si plasma sull’evoluzione dei miei stati d’animo.
Un po’ come guardare le città dall’alto, di notte. Le città dall’alto, di notte sono tutte belle con quel loro mare di lucine che le fanno rassomigliare ad un presepe. Mentre se ci si cammina attraverso, tra rumori e odori che tengono in ostaggio il proprio stato d’animo, è tutta un’altra storia.
Ecco, io l’Italia la amo meglio da fuori, mi viene più facile. E più facile mi viene mettere la sua bandierina sulla mia Vespa.
Proprio oggi ho messo una nuova bandierina. Quella che c’era prima, dopo 120.000 chilometri e tre anni e mezzo di viaggio si era ridotta ad un drappo sgualcito e sporco, troppo poco rispettoso per quanto profumasse ancora di continenti lontani.
Quella di oggi ha nel mezzo lo scudo sabaudo. Difatti, su Amazon, di questa misura vendevano solo quelle ad uso navale. Poco male, dopotutto sono un navigatore di terre e quel richiamo passato ben si sposa con la mia vecchia Vespa.
Ma mentre la fissavo, mentre stringevo i suoi laccetti al portapacchi posteriore, mi chiedevo cosa ne sarebbe stato. Cosa sarebbe stato negli anni a venire di questo simbolo di appartenenza, di questo vessillo identitario che gli uomini si sono creati nei secoli dei secoli trasformandolo di pari passo alla visione che del mondo ne avevano.
La verità è che il mondo si sta ampliando, si sta fagocitando, si sta globalizzando come mai è successo prima d’ora; e un simbolo di “appartenenza ad un gruppo limitato di individui e valori” come è una bandiera, beh… a breve non avrà più molto senso.
Che possa piacere o meno (e sia chiaro, non ne sto facendo un discorso su cosa sia giusto o sbagliato), questo piccolo simbolo soccomberà dinnanzi all’immensa spinta globalizzante che stiamo vivendo.
O quantomeno, evolverà, si amplierà con essa. Esattamente con la stessa dinamica per cui gli individui si identificavano nelle bandiere dei piccoli rioni o dei piccoli comuni prima, dei principati poi, quindi lentamente in quelle dei Regni, infine delle singole nazioni. Mentre ora ci stiamo iniziando ad identificare nella bandiera d’Europa o in quelle di altre macro aree economiche (perché è sempre più l’economia a dettare l’evoluzione culturale delle società).
Tra un qualche anno, neanche troppo lontano, quando la globalizzazione sarà compiuta sotto ogni aspetto, sventoleranno al massimo bandiere del “Pianeta Terra” (ancor meglio se scopriremo una comunità extraterrestre a cui mostrarla e a cui, di conseguenza, l’umanità ci si stringerà attorno per identificarsi nel più antico gioco delle parti).
Ecco perché oggi, mente accarezzavo il mio bel tricolore, mi veniva da sorridere. Perché pensavo ad un bambino del 2150 i cui caratteri morfologici sono stati scelti in laboratorio dai genitori (senza rispecchiare la benché minima origine etnica), che si teletrasporterà da un continente all’altro dove tutta l’umanità parlerà una stessa lingua, si vestirà uguale e mangiando lo stesso cibo sarà regolamentata dalle stesse regole sociali e culturali… e che giunto per un qualche motivo di fronte alla mia Vespa esposta in chissà quale Museo chissà dove, vedrà in questo ammennicolo verde, bianco e rosso solo un tenero atto di poesia di un mondo e di una società che non ci saranno più. Come un antico retaggio di quei primi esploratori di spedizioni mitologiche in luoghi allora considerati impervi e inesplorati, quando c’era un senso ad identificarsi in un pezzo di stoffa.
Buon compleanno Italia!
E Viva l’umanità tutta
I always put an Italian flag on my Vespas that I ride around the world. Nothing invasive or chauvinistic. It is more a sign of recognition, a waving reminder of my beloved origins, thousands of kilometers away from my country.
I would never do it in Italy. I find the balance with my “Italianness” over long distances, when my contours are less defined and my inner contrasts are less exasperated… and what remains is a general sense, a feeling that is molded on the evolution of my moods.
A bit like looking at the cities from above, at night. The cities from above are all beautiful at night with their sea of lights that make them resemble a nativity scene. While if you walk through it during the day, amidst noises and smells that hold your mood hostage, it’s a whole different story.
Here it is: I love Italy better from the outside, it comes easier for me. And then it’s easier for me to put its flag on my Vespa.
Just today I put up a new flag. The old one, after 120,000 kilometers and three and a half years of travel, was too crumpled and dirty.
The new one has the “Four Maritime republics” shield in the middle. In fact, Amazon, of this size sells for naval use only (with Savoy shield in the middle). Not bad, after all I am a navigator of lands and that “past call” matches well with my old Vespa.
But meanwhile I was tightening its laces to the rear rack of my Vespa, I wondered what would become of it. What would have been in the years to come of this symbol of belonging, of this identity banner that men have created over the centuries, transforming it with the vision they had of the world.
The truth is that the world is growing, it is globalizing like never before; and a symbol of “belonging to a limited group of individuals and values” as a flag is, well… soon it won’t make much sense.
Whether you like it or not (and let’s be clear, I’m not talking about what is right or wrong), this little symbol will succumb to the immense globalizing wave we are experiencing.
Or at least, it will evolve, expand with it. Exactly with the same dynamics by which individuals identified themselves in the flags of small districts or small municipalities first, then principalities, then slowly in the Kingdoms, finally of the nations. While now we are starting to identify with the flag of Europe or those of other macro economic areas (because the economy will dictate the cultural evolution of societies more and more).
In a few years, not too far away, when globalization will be completed in every aspect, flags of “Planet Earth” will be waving at most (even better if we discover an extraterrestrial community to show it, in which to identify ourselves in the most classic game of parties).
That’s why today, while I was tightening my beautiful flag, I felt like smiling. Because I was thinking of a child of the year 2150A.D whose morphological characters will be chosen in the laboratory by his parents (without reflecting the slightest ethnic origin), who will teleport from one continent to another where all humanity will speak the same language, will dress the same clothes, will eat the same food, will be governed by the same social and cultural rules… and that, having arrived for some reason in front of my Vespa exhibited in who knows which museum, who knows where, he will see in this green, white and red stripes only a tender act of poetry of a world and a society that will no longer exist.
Like those first explorers of mythological expeditions in inaccessible and unexplored places, that loved put their flags… when there was a sense in identifying with a piece of cloth.
Happy birthday Italy!! And Long live all Humanity