Spesso faccio una domanda alle persone che incontro lungo il mio cammino, sempre uguale, sempre la stessa a tutte le latitudini: ”qualcosa per cui vale la pena vivere?”. Le risposte variano, a volte di poco, a volte di molto.
Una sera di parecchi chilometri fa, davanti ad una birra, mi fu risposto “per planare, per provare quella sensazione propria di chi plana. Planare sulla vita”.
Bella risposta, pensai sul momento, ma di certo non ne avevo afferrato la portanza.
In egual modo mi diletto qua e là con altri ghiribizzi mentali. Uno dei più ricorrenti durante le mie ore di marcia è quello di pensare a qualche flash di strada percorsa negli ultimi mesi, un semplice spezzone richiamato alla mente magari proprio da quello che sto percorrendo. A volte riesco a contestualizzarlo, a ricordarmi in quale paese fossi. Spesso, invece, non riesco. E il non riuscirci mi fa vacillare in un lieve senso di perdizione che ho imparato ad apprezzare, che mi dà un impalpabile senso di completezza col mondo. Perché è proprio oltre le linee del definito che inizia l’immaginazione, ed il mio mondo è ormai pieno di linee oltre cui posso spingermi, che mi ricordano che non ricordo.
Ovvio, viaggiare è anche la possibilità di cercare di capire le società che si attraversano, i loro centri focali e i relativi disequilibri. Osservandole un po’ di lato, senza immergersi troppo, sia per una mancanza di tempo, sia perché il “viaggiatore” può eludere quei problemi del quotidiano che appesantiscono chi della società fa parte. Così, posso circumnavigare i dettami declinati nel “guadagno-consumo” e focalizzarmi su altri significati, magari più leggeri e meno contingenti, perché la vita va presa un po’ meno sul personale e in fin dei conti l’unica cosa che si guadagna è una emorragica perdita di tempo, secondo dopo secondo dopo secondo.
Poi le visioni impossibili e i sentimenti ad effetto che si librano in aria ogni volta che popoliamo quei lembi di terra dove arriviamo con lo sguardo, dove si è troppo piccoli per evitare di sentire un afflato immortale, dove si è troppo marginali per disperdere le nostre paure mortali.
Ecco, mi ci sono voluti 90.000km per capire che forse vale la pena vivere per planare sull’anima del mondo. E sentirsi in qualche modo leggeri.
Olè!!! E ora andiamo a prenderci i primi 100.000!!!
🌏🌏🌏90.000kms🛵🛵🛵(ENG)
I often ask the people I meet along my path, always the same, always the same at all latitudes: “something worth living for?” The answers vary, sometimes slightly, sometimes a lot.
One evening several kilometres ago, in front of a beer, I was told “to glide, to experience that feeling that is typical of those who glide. Gliding on life ”.
Good answer, I thought at the moment, but certainly I had not grasped its lift.
In the same way I am delighted here and there with other mental whims. One of the most recurrent during my hours of travelling is to think of some flashes of road travelled in recent months, a simple piece recalled to mind perhaps from what I am going through. Sometimes I can contextualise it, to remind myself in which country I was. Often, however, I can’t. And not being able to do it makes me falter in a slight sense of perdition that I learned to appreciate, which gives me an intangible sense of completeness with the world. Because it is just beyond the lines of the defined that the imagination begins, and my world is now full of lines beyond which I can go, which remind me that I don’t remember.
Of course, travelling is also the possibility of trying to understand the societies that we cross, their focal centres and the related imbalances. Observing them a little from the side, without immersing yourself too much, either because of a lack of time, or because the “traveller” can avoid everyday problems that weigh down those who are part of the society. Thus, I can circumnavigate the dictates declined in the “consumption-gain” and focus on other meanings, perhaps lighter and less contingent, because life must be taken a little less on the personal and in the end the only thing that is earned is a hemorrhagic waste of time, second after second after second.
Then the impossible visions and the sentimental feelings that hover in the air every time we populate those strips of land where we arrive with our eyes, where we are too small to avoid feeling an immortal breath, where we are too marginal to disperse our deadly fears.
Here, it took me 90,000km to understand that maybe it is worth living to glide over the soul of the world. And feeling somewhat light.
Ole !!! And now let’s go get the first 100,000 !!!🛵🛵
Ps Thanks dear Kate @vespaclubmemberspage for your translation