La Nigeria rischiava di volare via insieme al suo visto di transito di 7 giorni, ma per cercare di renderle omaggio in qualche modo, proprio sul finire mi sono voluto regalare un po’ di chilometri in mezzo alla giungla, pieni di fango e pozzanghere di diversa imponderabile profondità.La strada che unisce Calabar (Nigeria del sud) a Ekang (uno dei due confini camerunensi) non è certo adatta alle ruote di una Vespa. Ciò che però mi ha impedito di compierla per intero, ciò che ad una decina di chilometri dal confine mi ha rimandato indietro, sono state le condizioni di sicurezza. A Ekang, difatti, il conflitto armato tra gli indipendentisti anglofoni e i militari ha ormai raggiunto l’apice. Il giorno prima del mio arrivo, ci sono stati diversi attacchi e diverse vittime tra i militari. E la frontiera è stata chiusa.Per entrare in Camerun via terra l’unica alternativa era ritornare a Calabar e affrontare i 300km fino a Ekok, l’altro confine, una decina di chilometri più a nord di Ekang in linea d’aria (senza comunque avere la certezza che fosse aperto).Detto, fatto.Oltrepasso il ponte sul Cross River, il fiume che separa i due stati. Entro in Camerun. Entro in una nuova dimensione.Ekok, villaggio di frontiera, è qualcosa di diverso. Che non avevo mai visto prima. Qualcosa di militarizzato. Qualcosa sotto assedio. Militari e polizia ovunque, tutti con a tracolla fucile o mitraglia. Senza troppa voglia di scherzare. Un’atmosfera pesante, come la nebbia della giungla circostante che in qualche modo, forse per sbaglio, dà fascino a Ekok.Mi viene preso il passaporto, mi vengono perquisiti i bagagli sotto lo sguardo vigile delle canne di fucile, vengo indirizzato nella stanza del commissario di polizia. Continuano le domande sul mio viaggio.È domenica pomeriggio, l’ufficio della dogana è chiuso. Mi viene restituito il passaporto timbrato con la clausola di non spostarmi dal villaggio e ritornare l’indomani alla dogana. Non sarei potuto andare da nessuna parte, anche perchè alle 18 la provinciale viene chiusa. E alle 20 scatta il coprifuoco. No, non si scherza affatto in certe parti di mondo. E gli ordini è meglio eseguirli scrupolosamente.Il lunedi mattina in dogana mi viene timbrato il Carnet de Passaige. Ma è lunedi. Il giorno in cui la milizia armata indipendentista, ormai da quasi due anni, ha proclamato come “contro-domenica”. I negozi devono rimanere chiusi. Niente si deve muovere. Le auto-taxi che collegano i vari villaggi di quell’inizio di Camerun che corrisponde al territorio delle due regioni anglofone, non si devono spostare. Il rischio è di essere fermati dai miliziani, rapinati e vedere appiccato il fuoco sul proprio mezzo.L’africa ha le sue leggi, bisogna rispettarle.Aspetterò il martedi per andarmene da Ekok.Combinazione vuole che nell’attesa vedo arrivare Jhon, motociclista inglese conosciuto all’ambasciata congolese a Cotonou-Benin. È la solita storia, tra viaggiatori ci si incontra sempre alle frontiere o alle ambasciate: punti di passaggio obbligati.Con lui c’è un ragazzo nord americano, Daniel, che sta viaggiando con una grossa Toyota. Adempiono anche loro alla burocrazia e martedi, ieri mattina, partiamo tutti e tre insieme. La scorta che ci era stata predetta dal commissario di polizia non c’è. La strada in mezzo alla giungla è comunque stupenda, interrotta solo da asfissianti checkpoint neanche troppo corrotti. Carcasse di auto bruciate compaiono di tanto in tanto ai bordi della strada.I 200km di zona di guerra passano senza problemi. Il grande rammarico è aver dovuto caricare la Vespa sulla Toyota di Daniel. A detta del commissario, sarebbe stato troppo pericoloso affrontare i 200km con un mezzo così lento. Amen. Leggi d’Africa.Ora sono arrivato a Bamenda, Camerun francofono, la parte più sicura (anche se alle 20 scatta il coprifuoco). Inutile dire che la Vespa sia stata già scaricata dalla Toyota!Avanti tutta!
Si può ricominciare a commentare evviva…..
Speriamo solo che non riparta lo spam selvaggio…
Forza Ilario noi spingiamo….virtualmente la vespetta da qui…